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Altresì, l art. 7 del D. legislativo 196/03 stabilisce che, in merito al trattamento dei dati personali:
La persona può ottenere l accertamento o meno della sussistenza di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora inclusi, e il loro trasferimento in forma leggibile.
La persona può ottenere:
la provenienza dei dati personali;
le finalità e le modalità di trattamento;
il sistema usato nel trattamento adottato con il supporto di strumenti informatici;
l identificativo del possessore, dei responsabili e del rappresentante delegato in virtù dell articolo 5, comma 2;
i soggetti a cui i dati personali possono essere comunicati o che possono riceverli in veste di responsabile delegato nel territorio statale.
La persona può ottenere:
l aggiornamento dell inclusione dei dati personali;
la cancellazione, la modifica in forma anonima o le notizie vagliate in violazione di legge, incluse quelle di cui non necessaria la tutela rispetto agli scopi per cui le notizie sono state ricevute e poi esaminate;
l attestazione che le operazioni a) e b) sono state ottenute soltanto da quelli a cui le notizie sono state inoltrate, tranne per la circostanza in cui non è possibile osservare ciò o nei casi che richiedono un uso di mezzi non idonei rispetto al diritto da tutelare.
Il soggetto può ribattere, del tutto o in parte:
per motivi che ineriscono il trattamento dei propri dati personali, anche se di attinenza allo scopo della raccolta;
al trattamento dei propri dati personali per diffondere pubblicità o notizie di vendite dirette o per indagini di mercato o commerciali.
Si può fare richiesta di tali diritti attraverso domanda inoltrata al responsabile di ciò.
Con una prescrizione comunitaria (R[9]89), la legge 547/93 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico alcuni reati, chiamati informatici, in quanto l azione illegale viene commessa tramite l utilizzo di sistemi informatici o telematici.
Tali reati informatici si riferiscono a:
Attività arbitraria delle proprie ragioni (art. 392 c.p.)
Tentato crimine nei confronti di istituti di pubblico servizio (art. 420 c.p.)
Documenti informatici falsi (art. 491-bis c.p.)
Accesso illegittimo a sistemi informatici (art. 615-ter c.p.)
Possesso e diffusione illecita di codici di accesso (art. 615-quater c.p.)
Diffusione di programmi che danneggiano o arrestano un sistema informatico (art. 615-quinquies c.p.)
Violazione della corrispondenza e di notizie informatiche e telematiche (art. 616, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies c.p.)
Emissione di documenti segreti (art. 621 c.p.)
Emissione a distanza di documenti (art. 623-bis c.p.)
Danneggiamenti di sistemi informatici o telematici (art. 635-bis c.p.)
Truffa informatica (art. 640-ter c.p.).
La legge 547/93, è vero che ha introdotto nel nostro ordinamento i cosiddetti reati informatici , ma non ha parlato di reato di calunnia causato a livello informatico o telematico.
Anche se è utile dire che i reati stabiliti dagli artt. 594 (oltraggio) e 595 (calunnia) del codice penale, sono abbastanza generici da comprendere pure quei comportamenti offensivi che si determinano attraverso i supporti informatici e le odierne tecnologie di comunicazione, come SMS, Chat, Newsletter e via dicendo.
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La stessa Cassazione, con una attuale prescrizione, convalida questa disposizione, stabilendo addirittura che i reati previsti dagli articoli 594 e 595 del codice penale si commettono anche mediante supporti telematici o informatici; basti fare pensare alle e-mail, in cui un soggetto può inviare messaggi ingiuriosi ad una o più persone, commettendo il classico illecito di oltraggio, se chi lo riceve è la stessa persona offesa, o di calunnia, se chi lo riceve sono persone diverse (cass. sez. V penale, 27.12.2000, n. 4741).